sabato 29 agosto 2009

L'amministrazione Bush

Patrick Daniel Tillman (San José, 6 novembre 1976 – Sperah, 22 aprile 2004) è stato un giocatore di football americano statunitense che, in risposta agli attacchi del 11 settembre 2001, abbandonò la carriera di sportivo professionista e si arruolò nell'esercito degli Stati Uniti. Venne ucciso in Afganistan da "fuoco amico".
La morte di Tillman divenne una controversia nazionale quando si scoprì che il Pentagono non solo aveva tenuto per settimane nascoste le reali circostanze della sua morte, indicandola inizialmente provocata da fuoco nemico, ma aveva intenzionalmente dato notizie false al fine di costruire utilizzando la morte di Tillman, un mito eroico per ottenere consenso dall'opinione pubblica e distoglierla dallo scandalo delle torture nel carcere di Abu Graib. Solo la tenacia nella ricerca della verità da parte dei familiari di Tillman, specie la madre ed il fratello, ha permesso la precisa ricostruzione degli eventi.
Tillman era un campione del football, nella Nfl, un linebacker degli Arizona Cardinals, un difensore stimato, titolare da diverse stagioni. Nel 2000 aveva addiritura stabilito il record di tackles per la franchigia dell'Arizona: 224. Eppure non si può pensare di giocare a football dopo quello che è successo, diceva. E siccome mai nella vita era stato impulsivo, la sua decisione non arrivata dal giorno alla notte. Durante quella stessa estate del 2001 ci fu per la verità un altro episodio che dimostrò che razza di personaggio era: i St.Louis Rams gli offrirono un contratto quinquennale che gli garantiva un guadagno complessivo di 9 milioni a stagione. Lui disse no, "per lealtà ai Cardinals", spiegò. Ha giocato ancora nella stagione 2001/02, poi ha sposato Marie. Quindi, al ritorno dalla luna di miele, ha scelto: basta football, basta Nfl, era arrivato il momento di fare qualcosa. Si arruolò nell'esercito, nei Rangers, corpo d'elite ma dell'esercito, non i più celebrati Marines: stipendio medio 18.000 dollari l'anno. Per guadagnare quel che avrebbe percepito nei tre anni successivi (48 partite in tutto) gli sarebbero serviti 200 anni nell'esercito. Ma a lui andava bene così. A lui e a suo fratello Kevin, a sua volta atleta di valore, minorleaguer di baseball con l'organizzazione dei Cleveland Indians, disposto a condividere la stessa coraggiosa scelta. Entrambi, per quel coraggio, erano stati premiati dall'emittente sportiva Espn con l'Arthur Ashe Courage award. Insieme sono partiti in missione per il Medio Oriente. Solo che Pat non tornerà, ucciso mentre con i suoi compagni del 75° Reggimento Rangers stava rastrellando la zona a caccia di talebani.
Lo stesso sito della Nfl gloriò Tillman a tutta home page titolando "A true Hero", Un vero eroe, raccontando di una carriera eccezionale, fin dai tempi della scuola. Il diploma con lodi e onori all'high school, la laurea in marketing e la brillante carriera nel college football con Arizona State. E poi l'ascesa in Nfl: 5 stagioni (478 tackles, 3 intercetti, 2 sacks.
È rimasto ucciso durante un pattugliamento da fuoco di militari americani tra le montagne dell'Afghanistan sud-orientale, nell'altra guerra, quasi dimenticata, in Afganistan. Pat Tillman, 27 anni, ex star della National Football League, è la prima vittima famosa nella crociata dell'amministrazione per il dominio di una zona del mondo strategica per i combustibili fossili. La notizia della sua morte ha avuto un enorme impatto sull'opinione pubblica americana, nel giorno della polemica per la pubblicazione delle foto con le bare dei soldati caduti in Iraq.
Era dai tempi di Ted Williams - la superstar del baseball che rinunciò ai cinque migliori anni di carriera per combattere, prima contro Hitler e poi sul fronte della Guerra in Corea - che un campione dello sport Usa non abbandonava il campo da gioco, la fama e i miliardi per difendere la Patria. Quando Tillman aveva deciso di partire per il fronte, insieme al fratello minore Kevin (anch'egli giovane promessa della Nfl) era circolata la diceria infondata che entrambi volessero vendicare una persona cara scomparsa negli attentati dell'11 settembre, ma in realtà Tillman dichiarò di voler seguire la tradizione familiare che aveva visto prima suo nonno poi il padre contribuire militarmente per la loro nazione.
«È partito di nascosto, senza dire nulla a nessuno - spiega un amico -. E anche quando i media l'hanno scoperto, si è sempre rifiutato di concedere interviste per spiegare la sua scelta». Ma chi lo conosceva bene se l'aspettava. «Pat è sempre stato un diverso - scrive il columnist sportivo Mike Freeman - un misto di machismo, umiltà, altruismo ed egocentrismo: un uomo in costante sfida con se stesso. Sin dall'infanzia». A cinque anni, durante un tornado, sgaiattolò fuori dalla casa di famiglia a San José, in California, e si avvinghiò alla cima di un albero. «Voglio sentire il vento sulla faccia», urlò alla madre che cercava di farlo rientrare.
La sua fama di eccentrico lo inseguì durante gli anni all'Arizona State University - dove si è laureato in marketing con una borsa di studio - quando aveva l'abitudine di salire sopra la torre più alta dello stadio (61 metri) per meditare. Per schiarirsi le idee, Tillman rischiava la vita. «Se non lo conosci pensi che sia pazzo da legare - lo aveva difeso Phil Snow, suo allenatore all'Università -. Gli aerei volavano così vicino a lui che avrebbe potuto toccarli. È un tipo davvero temerario». «Mi piacciono le scosse d'adrenalina», si era giustificato lui nel 2000 quando, tediato da una stagione che andava a rilento, aveva deciso di correre la maratona.
«La gente normale quando è annoiata legge un libro - spiega Freeman - Tillman invece compete nel triathlon». I soldi e la fama sembravano quasi dargli fastidio. «Dopo essere entrato nella Nfl si era rifiutato di comprare il cellulare e girava su una vecchia bici - racconta ancora Snow - invece di acquistare un'auto da corsa e altri costosi gadget come i suoi colleghi». Nel 2001, quando rifiutò 9 milioni di dollari dai St. Louis Rams per restare fedele ai Cardinals che gli avevano dato il primo lavoro - ma che erano anche degli eterni perdenti -, la stampa parlò di «ennesima tillmanata».
E anche la sua decisione di arruolarsi nei Ranger non era stata affatto casuale. Uno dei corpi d'elite delle Forze Speciali inviate in Somalia nel ’93 (e al centro del film «Black Hawk Down») i Rangers sono noti per il loro addestramento. Così massacrante e disumano che la maggior parte dei candidati perdono in media 20 chili, e alla fine solo il 30 per cento dei candidati indossa la maglietta nera e oro del corpo. Tillman, ovviamente, era uno di questi.
“È come Forrest Gump. Vuole provare tutto”. Suona macabra ora questa frase di un compagno di Pat Tillman. Aveva lasciato la divisa sportiva per quella da “berretto verde” ed era partito a combattere nella guerra al terrorismo: un eroe del football americano è stato ucciso dai suoi stessi commilitoni. Il campione aveva abbandonato a metà del 2002 una carriera da Defensive Back negli Arizona Cardinals per arruolarsi nell'Esercito. Del resto, cos’è un contratto triennale da 3,6 milioni di dollari quando lo Zio Sam di elargisce uno stipendio da 18mila dollari in un solo anno?
La vita ha imitato il fumetto, e ne ha tratto le più estreme conseguenze. Tillman tornerà in patria in una delle bare d'alluminio piene di ghiaccio e ricoperte dalla bandiera che, contro il parere e gli ordini del Pentagono, sono finite in prima pagina su tutti i giornali Usa. Una bara eccellente, di fronte a ormai centinaia di bare anonime sfilate fino ad oggi di nascosto nell'obitorio della base di Dover dove arrivano da mesi i cadaveri dei caduti. Un paradosso, estremo anche questo, per una star che aveva voluto combattere in assoluto anonimato.
Pat Tillman aveva 27 anni, due anni fa aveva rinunciato a gloria, amore e soldi per imbracciare le armi, per essere in prima linea nella lotta al terrorismo. Sette settimane dopo essere tornato dalla luna di miele, aveva lasciato la moglie e una carriera da star. «Non se la sentiva più di giocare in difesa quando fuori dal campo c'era il suo paese da difendere da un nemico più forte e insidioso in agguato», aveva detto all’epoca un collega del campione. Finito l'addestramento a Fort Benning, dove aveva rifiutato rigorosamente qualsiasi intervista per restare anonimo, uguale a tutti gli altri, nel marzo 2003 Pat era stato inizialmente spedito in Iraq nelle avanguardie dell'invasione, poi era stato trasferito in Afghanistan. Tuttavia Tillman resto ben presto deluso e la sua adesione alla guerra dell'amministrazione Bush diventò presto dissenso ed aperta contestazione: durante il periodo elettorale per il secondo mandato Bush, Tillman esortava apertamente i sui compagni a votare per l'avversario, il democratico Kerry. Tillmam aveva capito che la guerra era tutt'altro che una missione di libertà e contrattacco all'11 settembre e del disinteresse del governo americano per le popolazioni locali
Un metro e ottanta di altezza per cento chili di peso, un misto - dicevano gli amici - di «muscoli e di umilta», Tillman era considerato un modello per i ragazzi americani: oltre alle doti di campione dello sport, si era distinto negli studi al college e finito l'università con una laurea con lode in tecniche del marketing. Il salto di carriera l'aveva fatto con il fratello minore Kevin a sua volta una promessa del baseball. Nei giorni dell'arruolamento era circolata la voce, mai confermata, che avessero perso una persona cara negli attentati dell'11 settembre: questo avrebbe provocato la decisione shock di partire per la guerra. L'anno scorso i due fratelli si erano guadagnati l'Arthur Ashe Courage Award destinato a individui il cui contributo trascende lo sport.

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